sabato 19 marzo 2011

La fase anale e il controllo sfinterico

Premesso che tutte le fasi dello sviluppo sessuale di cui si è parlato precedentemente godono della medesima importanza, sarà però la fase anale su cui focalizzeremo il nostro interesse dato lo stretto legame con l'argomento di cui stiamo trattando.
Durante questa fase (tra i 18 e i 36 mesi) il bambino acquisisce il controllo delle funzioni sfinteriche che corrispondono all'espulsione e alla ritenzione delle feci e da un punto di vista prettamente psicologico questo fatto fa nascere e accrescere in lui un sentimenti di autonomia e di autostima. L'idea di controllare volontariamente la defecazione e di affidarsi alle proprie capacità liberandosi eventualmente da un oggetto esterno quale il pannolino, conferisce al bambino un senso di potere manifestato dal fatto di poter decidere attivamente rispetto agli stimoli del suo corpo. Il fatto che il bambino sia in grado di ascoltare i propri stimoli e controllarli in un certo qual senso non costituisce il punto d'arrivo di una ormai raggiunta educazione sfinterica ma solo il punto da cui partire. Il bambino infatti deve compiere un passo in più e imparare primo a esplicitare lo stimolo e secondo a "contestualizzarlo". Il fatto di avvertire lo stimolo e decidere volontariamente se trattenerlo o espellerlo deve essere accompagnato dalla capacità da parte del bambino di comunicare questo verbalmente o meno a chi gli sta attorno e dalla capacità inoltre di sapere dove recarsi o cosa usare nel momento in cui questo avviene. Se il bambino viene educato correttamente a ciò, nel momento in cui sarà necessario avvertirà i genitori o le educatrici e verrà così recato o si recherà autonomamente al bagno dove userà il vasino o il vater.
Il percorso dell'educazione al controllo degli sfinteri è un percorso delicato e proprio per questo deve adottare  delle precise ed equilibrate modalità di conduzione. Durante la fase anale il "dare" o "trattenere" le feci non sono dei meccanismi fisiologici come può essere per gli adulti, ma per il bambino queste azioni di routine si collocano in una sfera prettamente psicologica assumendo un valore simbolico. Il bambino concepisce le proprie feci al pari di un oggetto prezioso e veicolano un significato simbolico di grande valore, in quanto il bambino le considera una sorta di oggetto-dono, contenuto prodotto o parte del proprio corpo. L'importanza che il bambino trasferisce ai propri prodotti fecali deve trovare un riscontro nell'atteggiamento degli adulti che gli stanno attorno, nel senso che il bambino deve sentire che ciò che è importante per lui lo sia anche per le figure che lo accudiscono. Gli adulti dunque lo devono assecondare e lodare in ciò che fa in quanto questa prima forma di gratificazione non fa che aumentare il proprio sentimento di autostima e autonomia che sta nascendo in lui. Tale atteggiamento però deve andare scemando affinché il bambino cominci a uscire da una sfera prettamente simbolica e si addentri invece a capire effetivamente il funzionamento che sottende questo meccanismo fisiologico.

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